Pubblicato 09/03/2019FacebookTwittergoogle_plusWhatsAppTelegramCondividi 503
L’operazione “Primarie” è compiuta. Habemus papam. Grande operazione
di marketing, per recuperare visibilità e anche discreta operazione
finanziaria, per acchiappare un po’ di denaro fresco, grazie alla
volenterosa sottoscrizione dei votanti. Quanto poi al metodo: si può
accettare che il segretario di un partito venga eletto dai passanti?! Ma
che razza di democrazia sarebbe? Non è certo meglio della “Piattaforma
Rousseau” e della falsa democrazia casaleggiana. Povero Kelsen, grande
teorico della democrazia dei partiti! Che cosa direbbe davanti alle file
di cittadini e cittadine che in cambio di due-euro-due acquistavano il
diritto di scegliere il “loro” segretario? Anche se erano di altro
partito, o di nessun partito, anche se erano magari avversari e
giocavano al gioco dei guastatori…?!
Guardando al risultato, peraltro scontato, come era già evidente anche
nella “campagna elettorale”, le differenze fra i tre contendenti alla
segreteria del PD, minime, sono addirittura scomparse dopo. Il primo
atto di Zingaretti – quello che non pochi hanno votato per simpatia
verso suo fratello, l’interprete del personaggio di Camilleri, il che la
dice lunga sulla qualità e la consapevolezza della scelta… – è stato
precipitarsi a Torino a solidarizzare con Sergio Chiamparino, il
pasdaran del TAV, proferendo, in aggiunta, parole fuori luogo, sbagliate
nel significato e nel tono (ricorrendo addirittura all’aggettivo
“criminale” per etichettare l’opposizione a quello scempio di “grande
opera”). Dopo di che ha proseguito sulla medesima strada (ferrata!).
Una nuova potenziale maggioranza politica si va delineando, che va da
Fratelli d’Italia a una parte addirittura di LEU, un serpentone
lutulento come il famoso (e fantasmatico) “Corridoio 5” che dovrebbe
collegare Lisbona a Kiev. Il PD pare trovarsi assai bene, senza alcuna
remora, in questo minestrone indigesto, e si fa portatore, insieme a
Confindustria, cooperative, lobby affaristiche, dietro cui spesso
agiscono vere e proprie organizzazioni criminali. Anzi, pare di capire
che mentre Forza Italia (con il suo capo Berlusconi di nuovo nei guai
giudiziari) cerca di spezzare l’alleanza Salvini Di Maio intimando al
primo di ritornare all’ovile della destra, il PD in nome del TAV sarebbe
disposto a ricadere in un governo di larghe intese, con FI e qualche
frattaglia, se sussistessero numeri in Parlamento: dato che non
sussistono, Zingaretti spera che si vada a nuove elezioni, non per
lavorare in vista di un’alleanza con M5S (non dimentichiamo “l’ombra di
Banco”, ossia il sempre vispo e ciarliero Matteo Renzi), bensì,
all’opposto, per un qualche patto di governo nel segno dello “sviluppo”,
ossia “grandi opere”, devastazione ambientale, favori ai potentati.
Esattamente come la destra salviniana, forzitaliota e neofascista.
Che si sia a favore o contro il monstrum del TAV, balza agli occhi la
grottesca condotta del governo, che giorno dopo giorno si mostra
incapace di gestire la situazione, essendo i due contendenti costretti a
una convivenza in parte contro natura, entrambi in realtà timorosi del
ritorno alle urne, pressati dai rispettivi parlamentari che, specie le
truppe al primo mandato non intendono rischiare di perdere il bonus
miracolosamente acciuffato con le elezioni del 4 marzo 2018. Il TAV è
diventato un paravento, dietro il quale si giocano partite più ampie, e
si affilano i coltelli ciascuno sognando di sgominare il competitor. La
“grande narrazione”, fondata su pure menzogne, reiterate e amplificate
dai media corrivi (ecco di nuovo “l’emergenza informazione”, di cui ho
parlato in un precedente articolo su “AlgaNews”) ha intensificato e
accelerato, fino allo spasimo, la propria azione, ed esattamente come
nella campagna referendaria del 2016, ci si vuol far credere che la
rinuncia a quell’opera sarebbe fonte di ogni possibile disgrazia per il
Paese, che verrebbe “isolato dall’Europa”, perderebbe miliardi di
commesse, altri miliardi ne pagherebbe di penali, e dovrebbe rinunciare a
migliaia di posti di lavoro. Sono bugie talmente grosse che v’è da
augurarsi che contribuiscano soltanto a screditare chi le diffonde, e a
far perdere la partita a chi manda avanti questi loquaci pappagalli:
esattamente come avvenne il 4 dicembre del 2016.